Oración al Siervo de Dios Cardenal Eduardo Pironio

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TESTAMENTO ESPIRITUAL

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Cardenal Pironio / Testamento Espiritual

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UN PASO MÁS CAMINO A LOS ALTARES

ROMA: CONCLUYÓ LA FASE DIOCESANA DE BEATIFICACIÓN Y CANONIZACIÓN  DEL SIERVO DE DIOS EDUARDO CARDENAL PIRONIO 11 DE MARZO DE 2016  ...

martes, 18 de octubre de 2005

Associazione Cardinale Eduardo F. Pironio. Seduta inaugurale

Associazione Cardinale Eduardo F. Pironio 

– Seduta  inaugurale 

– 18  ottobre 2005 - ore 18.30 
– Roma, Istituto Suore di Maria Bambina, Via Paolo VI, 5. 

Saluto 

P. Josè Maria Arnaiz sm

Intervento del postulatore della causa
P. Giuseppe Tamburrino osb 

Ricordo del cardinale Pironio
Intervento di S.E. Mons. Renato Boccardo
Segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano

Presentazione dell'Associazione
Maria Grazia Tibaldi

Testimonianza di Sua Eminenza il Card. Jorge Bergoglio sj
Arcivescovo di Buenos Aires, Vicepresidente della Conferenza Episcopale Argentina, parte attrice della causa


IL  CARDINALE  EDUARDO  FRANCISCO  PIRONIO


Intervento di S.E. Mons. Renato Boccardo
Segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano



«Ha testimoniato la sua fede nella gioia: gioia di essere sacerdote e desiderio costante di comunicarla ai giovani d'oggi», ha detto Giovanni Paolo II il 7 febbraio 1998, nell'omelia del funerale del Cardinale Eduardo Francisco Pironio.

GMG MANILA: Giovanni Paolo II insieme all Cardinale Pironio e Mons Boccardo

Visto da una prospettiva più semplice e immediata, il Cardinale Pironio è un amico fedele che ci ha lasciato quando ancora in molti cercavamo la sua amicizia e avevamo grande bisogno di lui. Ci rimane ora di pregare per lui, come ci ha domandato nel suo Testamento, e di “fare memoria” di lui, come facciamo questa sera. Ed io mi sento particolarmente onorato - e ringrazio per l’invito - di poter condividere con voi il ricordo, la riconoscenza e l’affetto per il nostro Cardinale.
Quanti lo abbiamo visto morire ci siamo detti: quest'uomo è di quelli che hanno imparato dalla vita a morire bene e perciò ci lascia con la intima e forte convinzione che continuerà a vivere. Con tale certezza di fede e speranza trascorse, in particolare, gli ultimi dieci giorni della sua esistenza. Quando il Papa lo chiamò al telefono - era il lunedì 2 febbraio 1998 - disse: «Santo Padre, vado in cielo. Ci vedremo in cielo. Da lassù continuerò ad aiutarLa nel servizio della Chiesa. Continuerò a pregare per Lei. Grazie per la fiducia che mi ha dato. Mi perdoni se non sempre ho saputo rispondere alle Sue attese. Le rinnovo la mia fedeltà». Non dimenticheremo uno dei suoi ultimi inviti: «Qualunque cosa abbiate bisogno, domandatemela in cielo». Oltre ad un grande amico, siamo certi di possedere ora anche un potente intercessore.
Il Cardinale Pironio è stato per molti credenti presenza del Signore, trasparenza di vangelo, azione luminosa dello Spirito. Ha compiuto il bene, e la bontà ha reso feconda la sua vita. La sua presenza è stata sempre accompagnata da grande cordialità e semplicità. Ha suscitato simpatia e spontanea comunione; trasmetteva pace e gioia; con la parola infondeva forza e speranza. Volgere a lui lo sguardo e il ricordo significa accogliere la sfida ad essere presenti nella società e nella Chiesa. Si tratta di farlo con occhio sereno e con ascolto attento, comunicativo e umile. Come ha fatto lui, che ha saputo stare nel centro senza essere al centro.

                                                                        * * *
Un capitolo tutto particolare e ricchissimo il Card. Pironio lo scrisse al Pontificio Consiglio per i Laici con le Giornate Mondiali della Gioventù. Nati dall’intuizione profetica e dal grande amore per i giovani di Giovanni Paolo II, questi Incontri hanno trovato nel Cardinale il sostenitore convinto e l'artefice sapiente: li ha ricevuti nel loro nascere a Roma nel 1984 e, facendosi pellegrino instancabile con il Papa e con i giovani sulle strade del mondo, li ha accompagnati con tenerezza e amore fino al 1996, vigilia della loro dodicesima edizione a Parigi.

E ogni volta, con la parola e la presenza assidua, discreta, sorridente e paterna, marcava un passo in avanti, un cambiamento nel sentire, una prospettiva diversa su cui riflettere, un seme nuovo, che deponeva con delicatezza e fiducia nelle fertile terra della verde età. Nel 1997, alla Giornata Mondiale di Parigi lui non c'era, fisicamente. Ma quella muraglia di braccia, quello sventolio infinito di fazzoletti nell'ippodromo di Longchamp, quella catena umana sotto la torre Eiffel con anello centrale lo stesso Giovanni Paolo II - immagini che permangono vivissime nella nostra memoria -, erano ancora opera sua, il frutto di 12 anni di intensa attività.

Straordinario il legame che Pironio riusciva a stabilire con i giovani. Con i suoi capelli bianchi, con quell'autorevolezza che si avvertiva distinta al suo cospetto, riusciva ad essere "credibile" ai loro occhi come compagno di viaggio. Aveva molto vissuto e molto visto. Aveva esplorato l'animo degli uomini, ascoltato le loro inquietudini, le aveva confrontate con le proprie e ne aveva offerto l'elemento di comprensione.

Durante i Forum Internazionali dei Giovani e le Giornate Mondiali della Gioventù era abituale ritrovarlo in mezzo ai gruppi di ragazzi in jeans e maglietta, con al collo i cartellini per gli accrediti e gli zainetti in spalla, lui con l'abito scuro e la croce pettorale, del tutto a suo agio. E, anche se non parlava le lingue, la sua comunicazione con i giovani era immediata, profonda e ricchissima di contenuti. 

Tra loro "si capivano" al volo, senza bisogno di interpreti. Il "Cardinale dei giovani" aveva colto ciò che i suoi "amici scanzonati" e con decine d'anni di meno chiedevano al mondo, agli adulti, alla Chiesa: 

«Questi giovani non hanno paura della fatica, della sofferenza, della croce. Hanno paura della mediocrità, dell'indifferenza, del peccato», aveva scandito davanti al Papa a Loreto, nella piana di Montorso, il 9 settembre 1995. 

E non è certamente un caso se una delle prime cose che mi disse al mio arrivo al Pontificio Consiglio per i Laici fu: «Qui non dobbiamo essere pompieri, ma architetti»; cioè: non bisogna assopire, spegnere, livellare, normalizzare; bisogna costruire, anche a costo di rischiare e - come si dice - pagare di persona.

Giovanni Paolo II e Card Pironio (Aula Paolo VI, 1995)


Quando, nell’autunno del 1996, il Cardinale Pironio lasciò la Presidenza del Pontificio Consiglio per i Laici per raggiunti limiti di età, la rivista «I care» della Fondazione Gioventù Chiesa Speranza pubblicò una lettera che i giovani gli indirizzarono. Mi piace riprenderne qui qualche passaggio:

«Caro Cardinale, ci hai accompagnato in tutti questi anni con sapienza e amore, hai parlato ai nostri cuori e alle nostre intelligenze, hai seguito il nostro cammino con sensibilità, sollecitudine e attenzione. E sei diventato così, naturalmente, il Cardinale dei giovani...
La tua presenza vigile, il tuo prendere a cuore le nostre speranze e le nostre attese ti hanno fatto diventare colui che con la parola e la testimonianza ha saputo accogliere e seguire tanti e tanti di noi nella ricerca del senso profondo della vita e della fede. La tua caratteristica è stata sempre, come l'agricoltore, l'arte del seminare e la pazienza dell'aspettare. Ci hai dato fiducia, ci hai sostenuto nei momenti difficili, ci hai parlato della gioia e della speranza, ci hai insegnato ad amare la Chiesa "mistero di comunione missionaria", stabilendo vincoli di interiore rapporto che nulla potrà troncare o cambiare. E, soprattutto e prima di tutto, ci hai voluto bene. E noi lo abbiamo sempre sentito.
Nei Forum Internazionali e nelle Giornate Mondiali di Buenos Aires, Santiago di Compostela, Czestochowa, Denver e Manila, e poi ancora a Roma e a Loreto, ci hai guidato lungo la strada che porta a Cristo, accogliendo ciascuno di noi come il primo e l'unico, incoraggiandolo a proseguire il cammino, offrendogli il tuo consiglio e la tua lunga esperienza di padre e maestro, di amico e fratello ...
E con te, ne siamo certi, abbiamo potuto portare avanti per un piccolo tratto, non inerte, non inglorioso, non infecondo, la costruzione della “civiltà dell'amore”.
Ti ringraziamo, caro Cardinale, per il bene che ci hai voluto, per la "paternità" che ci hai manifestato, per la speranza che hai riposto in noi...».
                                              
                                                                        * * *

Con il Cardinale Pironio si entrava facilmente in confidenza. In generale, a causa della sua carica umana, non aveva problemi con la gente. Però qualcuno con lui, sì. A Mar del Plata fu anche vittima della violenza e non gli mancarono minacce di morte per la chiarezza delle sue prese di posizione in favore dei diritti umani. Anche a Roma l'incomprensione di alcuni gli fece molto male. Non sempre e non tutti lo capirono. Così, se da una parte proprio per il suo stile ed il suo servizio è stato amato e il suo consiglio era ricercato e seguito con fiducia, per questo stile e questo servizio altresì ha sofferto. Ma sempre con mitezza, portando il peso nella solitudine e nel silenzio, senza mai diminuire la dedizione e l’intensità dell’impegno. Nel suo Testamento scrive: «Desidero morire tranquillo e sereno: perdonato dalla misericordia del Padre, dalla bontà materna della Chiesa e dall'affetto e comprensione dei miei fratelli. Non ho nemici, grazie a Dio, né provo rancore o invidia per nessuno. A tutti chiedo che mi perdonino e preghino per la mia anima».

Oggi, mentre si apre il processo canonico per la sua Canonizzazione - e siamo tutti particolarmente grati alla Conferenza Episcopale argentina per averne presa l’iniziativa -, possiamo affermare che il Cardinale Pironio è un messaggio. Lo si è guardato e lo si è ascoltato. Ha pronunciato parole vere, parole di un saggio, perché parlava con il cuore e parlava al cuore. È stato un leader spirituale che ha fatto scuola. Con i suoi pensieri e le sue parole ha suggerito un cammino agli uomini e alle donne di oggi, un cammino che serve per laici e religiosi, per vescovi e sacerdoti, per giovani e adulti. Senza questo cammino cristiano, e non è necessario aggiungervi altri aggettivi, molti di noi non saremmo quello che siamo. Esso è raccolto in almeno 30 libri pubblicati; si trova espresso nelle moltissime conferenze, omelie e ritiri spirituali da lui predicati. Aveva vissuto, riflettuto, formulato questo cammino, e lo presentava ogni volta che ne aveva l'occasione. Era sua abitudine ordinare le verità e gli avvenimenti e soprattutto il pensiero e l'amore. Così come era sua tradizione e-sporre idee e riflessioni suddividendole in tre punti. Il suo Testamento è pieno di queste "terne", come quando parla della vita: «la amo, la offro, la attendo»; nel suo modo di comunicare, da una parte apriva nuovi orizzonti e dall'altra presentava proposte concrete; ritornava sugli stessi punti ed ogni volta andava più a fondo.

Direi che “l’uomo del Magnificat” è il tipo di persona che il Cardinale ha voluto incarnare: il credente capace di dire il Magnificat, vero preludio del discorso della montagna. «Magnificat» è quasi il ritornello della sua vita; è la parola che ripete nel Testamento ben tredici volte. Gli esce da dentro, piena di gratitudine, di gioia e di misericordia; parola di dolore, di tenerezza e di speranza: «Magnificat! La mia vita sacerdotale è stata sempre caratterizzata da tre grandi amori e presenze: il Padre, Maria Santissima, la Croce». E io credo di non sbagliare se a questi tre amori ne aggiungo un quarto: la Chiesa. In essi, che erano le sue realtà preferite, aveva posto il suo cuore.

Aspettava con ansia la celebrazione dell'anno del Padre nel triduo del Giubileo. Quando, nel 1996, si dovette sottoporre all’approvazione del Papa la proposta per il tema della Giornata Mondiale della Gioventù 1999, il Cardinale volle che fosse: «Il Padre vi ama» (Gv 16,27). La sua vita spirituale è un dialogo con il Padre che spesso raggiunge il misticismo, sempre filiale e fidente. Utilizza le parole di Gesù per indicare i tre periodi della sua esistenza: «Sono uscito dal Padre e sono venuto al mondo, ora lascio il mondo e vado al Padre» (Testamento). Dal Padre imparò la paternità che manifestò nel ministero sacerdotale ed episcopale: «Ho desiderato essere padre, fratello e amico» (ib.).

La Madre del Signore fu compagnia ed ispirazione per la sua vita: «Magnificat! Ringrazio il Signore perché mi ha fatto capire il mistero di Maria nel mistero di Gesù e perché la Vergine è stata sempre presente nella mia vita personale e nel mio ministero. Debbo tutto a Lei. Confesso che debbo a Lei la fecondità della mia parola. E che le grandi date della mia vita - di croce e di gioia - sono sempre state ricorrenze mariane» (ib.). Per lui, Maria era soprattutto «la Vergine povera, contemplativa e fedele» (ib.). Il 2 febbraio 1998, tre giorni prima di morire, in piena lucidità prese congedo da quanti erano attorno a lui e salutò la Vergine “Nostra Signora della Speranza, Nostra Signora della Luce”, dicendo che la sentiva particolarmente vicina. Ancora l'ultimo giorno poté recitare la Salve Regina, pronunciando con particolare intensità le parole: «Mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno».

Era affascinato dalla croce, dalla sofferenza e dal dolore. E nello stesso tempo ha goduto la vita, che ha sempre considerato buona e bella: «Magnificat! Ti rendo grazie, Padre, per il dono della vita. Quant'è bello vivere! Tu ci hai fatto, Signore, per la Vita. La amo, la offro, la attendo. Tu sei la Vita, come sei sempre stato la mia Verità e la mia Via» (ib.)
Si ribellava contro la malattia che gli toglieva le forze, la possibilità di leggere, di scrivere, di camminare. Per questo domandava con tanta fiducia al suo buon amico Paolo VI un miracolo che facesse scomparire il tumore. 

Giunse poi il momento anche per accettare la morte ormai prossima: «Magnificat! Rendo grazie al Signore per il privilegio della sua croce. Mi sento felice di aver sofferto molto. Mi dispiace solo di non aver sofferto bene e di non aver assaporato sempre in silenzio la mia croce. Desidero che, almeno adesso, essa cominci ad essere luminosa e feconda» (ib.).

Il Cardinale Pironio amò appassionatamente la Chiesa, popolo di Dio, mistero di comunione missionaria, come abitualmente la definiva. Diede la sua vita, e lavorò intensamente per una Chiesa “pellegrina, povera e pasquale”, una Chiesa della gioia e della speranza, solidale con le tristezze e le sofferenze degli uomini, come la scoprì fin dal Concilio, una Chiesa madre che, come tale, insegna. È stato presente nel cuore della Chiesa con la sua santità personale, il suo ministero, il suo prestigio. In un mondo sempre più chiuso dall'egoismo e dalla violenza che nasce dall'odio, la Chiesa - diceva - è chiamata a dare testimonianza dell'amore e ad educare nuovamente gli uomini all’amore.

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Il nostro Cardinale, come ogni credente, è stato giudicato sull’amore. Avrà rivisto le lacrime che ha dovuto asciugare, il pane che ha dato a chi aveva fame, le visite che fece a chi si trovava prigioniero, le ferite che dovette medicare e curare, la compagnia che offrì a chi era solo o ammalato, i religiosi e le religiose che accompagnò in un cammino di aggiornamento conciliare, i giovani con cui condivise momenti esaltanti, i gruppi che riconciliò, il perdono che chiese con umiltà ...

Ci consola e conforta pensare che in quel momento avrà rivisto, con sguardo e cuore di padre, anche noi che lo abbiamo conosciuto e siamo qui questa sera, a benedirne la memoria e a trarre dalla sua vita insegnamento ed esempio per la nostra vita. Noi, che ripetiamo convinti quanto scrisse di lui frère Roger di Taizé: «Con il dono della sua vita, il Cardinale rifletteva l'immagine di una Chiesa che nei piccoli dettagli si rende accogliente, vicina alla sofferenza degli uomini, presente nella storia e attenta ai più poveri. Era cosciente di questa grande verità di fede: quanto più ci avviciniamo alla gioia e alla semplicità evangeliche, tanto più riusciamo a trasmettere le certezze che ci vengono dalla fede... Pironio, uomo di Dio, irradiava la santità di Dio nella Chiesa».


Che la luce di questa santità, riflessa sul volto e nella vita di testimoni come il Cardinal Pironio, continui a risplendere e ad illuminare il nostro cammino. Se Dio vorrà, in un giorno che speriamo non lontano, anche con la conferma ufficiale della Chiesa, che ci permetterà di guardare ed invocare il nostro Cardinale con il titolo di Beato.

+ Renato Boccardo
Roma, 18 ottobre 2005
Seduta inaugurale della “Associazione Cardinal Pironio”


* * *

Eduardo Francisco Pironio nacque il 3 dicembre 1920 a Nueve de Julio (Argentina, provincia di Buenos Aires). Nel 1943, appena ordinato sacerdote, fu designato professore di teologia nel Seminario della diocesi di Mercedes, della quale divenne nel 1958 Vicario Generale. Due anni dopo fu nominato Rettore del Seminario Maggiore di Buenos Aires, che accoglieva 450 seminaristi; nel 1964 Vescovo Ausiliare di La Plata e nel 1967 Amministratore Apostolico di Avellaneda; dal 1972 fu Vescovo di Mar del Plata. Intanto, aveva partecipato al Concilio Ecumenico Vaticano II, come "perito" nella seconda e come Vescovo nella terza e quarta sessione. Nel 1968 fu eletto Segretario Generale del CELAM e nel 1972 ne assunse la presidenza: l'America Latina divenne la sua patria.

Nel 1974 Papa Paolo VI lo chiama a predicare gli Esercizi Spirituali alla Curia Romana e alla fine del medesimo anno lo nomina Pro-Prefetto della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari. Iniziò così una lunga consuetudine con Papa Montini, che nel 1976 lo creerà Cardinale Prete del titolo dei Santi Cosma e Damiano: «Posso dire di essere stato amico di Paolo VI. Con lui ho imparato ad amare la Chiesa, a soffrire per la Chiesa».

Da Roma, la sua influenza cresce. Il Cardinale partecipa instancabilmente a riunioni e Assemblee di religiosi, a Capitoli Generali, visita numerosissime comunità e Centri di studio in ogni parte del mondo. È il tempo in cui si lavora al rinnovamento delle Regole e Costituzioni di quasi tutti gli Istituti di vita consacrata, operazione accompagnata, come è naturale, da tante tensioni. La maggior parte di questi documenti porta la firma di Pironio: forse proprio per questo motivo fu accusato allora, anche presso il Papa, di "distruggere" la vita religiosa.
Nel 1984, il 9 aprile, Giovanni Paolo II lo nomina Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, dove rimarrà fino al 20 agosto 1996: «In quel momento mi sembrava, come sembrava a molti - dirà il Cardinale nel 1995 - di essere stato retrocesso ad un incarico di serie B. Invece ho scoperto di essere stato promosso allo stato laicale. I laici infatti formano la maggioranza del popolo di Dio. E poi il Papa dandomi questo nuovo incarico mi ha invitato a continuare quanto già avevo fatto nella Congregazione per i Religiosi. In questo Pontificio Consiglio ho potuto lavorare affinché i grandi movimenti ecclesiali, che sono un vero dono di Dio e una grazia dello Spirito Santo, possano armoniosamente inserirsi e si sentano accolti nella vita delle Chiese locali. Sono contento poi di finire lì il mio servizio alla Chiesa: un lavoro a contatto con i laici, proprio come quando ho iniziato il mio ministero, tanti anni fa». Lo stesso Pontefice lo promuoverà all’ordine dei Cardinali Vescovi, assegnandogli il titolo della Chiesa Suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto l’11 luglio 1995.

Il tumore che lo minava dal 1984 (quando gli fu diagnosticato dai medici di Bologna, disse al Segretario, serenamente: «È salito a bordo il pilota che mi condurrà in porto») e che era rimasto fino ad allora relativamente quieto, si scatenò nuovamente verso la fine del 1996. Probabilmente, anche il modo in cui gli fu comunicata e le circostanze "esterne" in cui avvenne la sua partenza dal Consiglio per i Laici contribuirono al risvegliarsi del male.

L’ultimo periodo della sua vita non ha segnato comunque un arretramento nell'impegno, nella sollecitudine pastorale e amicale. Nel messaggio ai «cari giovani, amici miei», contenuto nella lettera di congedo, datata 27 dicembre 1996, entra in campo un'altra parola-chiave, che non è mai mancata ma che in questa occasione assume una connotazione di rilievo: pregare. Lui che aveva guidato “eserciti” in festa di ragazzi nel mondo, scrive: «Adesso il Signore mi chiede altre cose. Vuole che continui ad accompagnarvi come padre, fratello, amico. Ma in modo diverso. Con il silenzio della preghiera e la sincerità del mio affetto». Il Cardinale lo sa: la preghiera è presenza, pregare è costruire, è tessere ancora la trama di una storia, di rapporti che non finiranno. L'ultima lezione di un grande prete.
Furono mesi di intensa sofferenza, nei quali il Cardinale - sempre con il sorriso sulle labbra e con profonda, serena saggezza - completava nella sua carne quello che manca alle sofferenze di Cristo (cf Col 1,24). Fino al 5 febbraio 1998 quando, servo buono e fedele, entrava nella gioia del suo Signore.


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SOURCE:   FIACIFCA 
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